SALA 4 – 1987/1995

La seconda metà degli anni Ottanta segna una tappa cruciale nel percorso artistico di Vigliaturo, spartiacque tra una concezione della pittura più vincolata a regole scolastiche ed una di più ampio respiro, più contemporanea. Nel 1986 Vigliaturo è a Venezia. In questo periodo egli si distacca dall’eredità dell’insegnamento di Bertagna, prendendo le distanze da quello studio oggettivo del paesaggio e della figura. A Palazzo Grassi visita la mostra Futurismo & Futurismi e rimane suggestionato dalla concezione dinamica di questa corrente. È Umberto Boccioni ad affascinarlo e la rete di luci e di movimento che accresce il potenziale simbolico della sua arte sconvolge radicalmente la sua concezione della pittura. Sul piano personale, la mostra sul Futurismo gli consente di riscoprire Luigi Roccati, pittore chierese prematuramente scomparso, in cui egli nota un respiro internazionale, l’esigenza di una forma di rivisitazione critica e un potenziale artistico rimasto inespresso.

L’immaginario si arricchisce di nuove tematiche, sviluppando parallelamente inedite figurazioni e uno studio più attento sulla componente cromatica dell'opera. Anche le tecniche si affinano, subendo un mutamento: alla fase del nero subentra una nuova ricerca e il colore ad olio steso sul legno, sul cartoncino e sulla tela conferisce adesso ai dipinti una straordinaria corposità materica. Questo processo lo conduce alle prime importanti personali, a Torino, dove espone nel 1988 e nel 1992 in due mostre curate da Massimo Centini alla Galleria Accademia e nel 1990 al Palazzo della Regione Piemonte, in una mostra promossa dalla Regione Piemonte.

Di questi anni sono opere importanti, come “Ultima cena, tre luoghi dove vorrei vivere”. Eseguita nel 1987, dichiara il forte legame dell'artista ai tre luoghi a lui più cari, Acri, Chieri e Venezia. In essa l’omaggio a Leonardo è rappresentato da un contesto metafisico e contemporaneamente moderno.

Segno di un percorso di ricerca in continua evoluzione sono, invece, le due sculture in legno e metallo esposte in questa sala, “L’uccello planetario” del 1997 e “Città futura” del 1989, debitrici di una chiara eco della corrente futurista. Le opere si collocano ancora a metà strada di un rinnovamento espressivo che, intersecandosi con la scultura, subirà a partire dal 1995 una trasformazione radicale.